Giornata di studio internazionale «Il Tempo della Serenissima». Parenzo-Poreč, 22 ottobre 2020
OROLOGI DA TORRE DEL TERRITORIO DEL VENETO. UNA RICERCA PILOTA NELL’AREA CASTELLANA
Leonardo Sernagiotto
La misurazione relativamente esatta del tempo, resa manifesta pubblicamente dalla sempre maggiore diffusione di orologi da torre, è uno degli elementi che caratterizza il tardo medioevo, con le sue inquietudini e cambiamenti. La Repubblica di Venezia, che per tutto il XV secolo aveva perseguito una forte espansione nell’entroterra veneto, vide negli orologi da torre un potente simbolo della propria autorità statale, ed è per questo motivo che promosse la diffusione degli orologi nei centri minori della Terraferma, a fianco dell’immancabile leone alato di San Marco, collocandoli in edifici pubblici, come palazzi e torri. L’orologio pubblico, che celebrava il trionfo del “tempo civico”, scandendo ad esempio le assemblee del consiglio cittadino, poté diffondersi nonostante il suo costo ancora elevato grazie a quella che è stata definita da Carlo Cipolla «una combinazione di orgoglio cittadino, di utilitarismo e di interesse per i marchingegni meccanici».
Per la prima età moderna, nella Castellana e nelle aree limitrofe si contano sei centri minori in possesso di un orologio da torre, ai quali si aggiunge la città di Treviso, dalla quale partirò seguendo il percorso di due viaggiatori d’eccezione della prima età moderna: Marin Sanudo e Giovanni da San Foca.
TREVISO
Nel capoluogo della Marca, una delle prime menzioni di un orologio pubblico è contenuta nella relazione dell’itinerario compiuto attraverso la Terraferma veneziana nel 1483 da Marin Sanudo a seguito dei Sindici inquisitori. Arrivato a Treviso, Sanudo descrive l’attuale piazza dei Signori, dove si trovava «À piaza, pallazo et loza, con uno horologio como quello di Padoa sopra la caxa dil Retor». Sebbene fossero presenti orologi anche negli altri centri del Veneto, quello di Treviso è l’unico orologio citato dal diplomatico veneziano: inoltre, il collegamento con l’esemplare di Padova è significativo, in quanto testimonia da un lato l’importanza della tradizione orologiaia patavina, che ritornerà anche per il meccanismo di Castelfranco, dall’altro implicitamente qualifica l’orologio di Treviso come un meccanismo astronomico. L’orologio di Treviso osservato da Sanudo, installato nel 1411, fu successivamente sostituito nel 1524 con uno ancora più complesso realizzato da Viviano Piccoli: purtroppo l’edificio sopra il quale si trovava l’orologio, conosciuto come “Loggia degli incanti”, fu demolito attorno al 1860. È possibile tuttavia avere un’idea di quelli che erano gli orologi della Loggia da due testimonianze pittoriche della prima metà del Cinquecento: la prima è un affresco della villa van Axel-Angelini di Montebelluna, la seconda il dipinto Ritratto di giocatore di palla con paggio, attribuito a Francesco Beccaruzzi. In entrambe le opere si riconosce la Loggia degli incanti, dove spicca l’orologio astronomico, affiancato da affreschi e sormontato da un’edicoletta cupolata, sebbene vi siano delle leggere differenze tra le due opere. Probabilmente l’affresco di Montebelluna raffigura l’orologio precedente a quello di Viviano Piccoli; inoltre vi compare anche l’orologio della Torre civica, la quale fu successivamente più volte alterata e modificata dai restauri che si sono succeduti nei secoli. Cinquant’anni dopo Marin Sanudo, un altro funzionario della Serenissima, Giovanni da San Foca, ci ha lasciato una descrizione delle città della Terraferma. Proveniente dal Friuli, Giovanni compì nel 1536 il suo viaggio al seguito di tre magistrati veneziani per i domini della Serenissima, offrendoci interessanti descrizioni dei luoghi attraversati, arricchendo il racconto con aneddoti e curiosità. Una volta giunto presso il territorio trevigiano, allora più ampio rispetto all’odierna provincia di Treviso, Giovanni visitò cinque città, menzionando la presenza degli orologi in soli due centri (Camposampiero e Castelfranco Veneto), nonostante anche negli altri tre fossero presenti orologi da torre. Procediamo tuttavia con ordine.
BASSANO
Il diplomatico friulano giunse a Bassano, descrivendo tra gli altri il famoso ponte sul Brenta e la «bella piaza, granda et spaciosa», non menzionando tuttavia l’orologio, che fin dal XV secolo decorava la facciata della Loggia di Piazza. Dagli archivi bassanesi, sappiamo infatti che l’amministrazione cittadina commissionò un orologio meccanico il 17 dicembre 1424 da apporre nella facciata della Loggia, edificio costruito pochi anni prima. L’incarico, per un costo di 46 ducati, fu affidato a mastro Corrado da Feltre, un fabbro con conoscenze di meccanica e di idraulica, che consegnò l’orologio solamente il 2 febbraio 1430.
Nel 1582 l’orologio di Corrado fu sostituito con uno realizzato dal maestro Dal Molin, che fu a sua volta danneggiato da un incendio un secolo dopo. Nel corso del XVIII secolo il Consiglio di Bassano decise di cambiare il vecchio orologio della loggia, rivolgendosi nel 1742 al celebre meccanico Bartolomeo Ferracina, in quel periodo nel pieno della sua attività orologiaia. Il Ferracina presentò tre diversi progetti, di costo e complessità maggiore: alla fine, nel 1746 il Consiglio optò per il meccanismo più semplice, dal costo di 300 ducati, decidendo inoltre di spostare il vecchio meccanismo della loggia all’interno della Torre degli Ezzelini, oggi Torre civica, sostituendo un vecchio orologio.
Riguardo l’orologio della loggia, esso presenta un quadrante a 24 ore, il quale durante l’Ottocento fu decorato con un modello del sistema solare con i pianeti fino a Nettuno (scoperto solo nel 1846), le stelle fisse e i simboli zodiacali.
CITTADELLA
Continuando a seguire il percorso intrapreso da Giovanni da San Foca, si giunge a Cittadella, borgo fortificato medievale in territorio padovano. La sosta di Giovanni è di sei giorni, nei quali egli ebbe modo di apprezzare le mura, i palazzi e il duomo della città, senza tuttavia fare alcun accenno all’orologio che a quel tempo era stato collocato nella piazza, sebbene oggi se ne ignori l’esatta ubicazione. La sua presenza è attestata per la prima volta in un documento del 1515 e trova conferma nelle carte riguardanti i pittori Francesco e Jacopo Bassano (padre e figlio), nelle quali si ricorda come nel 1526 Francesco dipinse «el relogio sopra la piaza» per la cifra di dieci ducati. Un secondo orologio è menzionato pochi anni dopo, nel 1539, quando il figlio Jacopo affrescò «il torion de borgo che va a Padova da Cittadella, con il relogio».
La comunità di Cittadella decise dunque di porre gli orologi in due punti altamente simbolici della città: la piazza principale, fulcro della vita politica e cittadina, e la porta d’ingresso per chi proveniva dal capoluogo (in questo caso Padova), criterio adottato anche da altre città qui esaminate, come Castelfranco, Noale e Camposampiero.
CAMPOSAMPIERO
Di Camposampiero, Giovanni da San Foca non traccia certamente un lodevole ritratto, definendo il luogo «molto brutto et malanchonico», dominato dalle nebbie. Proseguendo con la sua descrizione, Giovanni riporta: «La piaza è tutta fangosa et le strade; solo ha una lozetta che si tien rason assai bella; et ha sopra la porta che se intra un bel relogio». Giovanni si sta riferendo all’odierna Torre dell’orologio di Porta Padova, alta 24 metri, sebbene sopraelevata in epoca recente, che ospita nella sommità una campana fusa attorno al 1450. Anche in questo caso, dunque, si è voluto porre l’orologio rivolto verso l’esterno, in direzione del capoluogo Padova. Attualmente la torre ospita al quarto piano il meccanismo di un orologio presumibilmente del XIX secolo.
ASOLO
Risalendo verso nord, Giovanni da San Foca soggiorna a Castelfranco, di cui ci occuperemo tra poco, e da lì si dirige verso il borgo collinare di Asolo, dal 1489 al 1509 sede della prestigiosa corte di Caterina Cornaro, regina di Cipro, la quale aveva trasformato il castello della città da fortificazione a palazzo, dove risiedeva attorniata da intellettuali, artisti, letterati.
Su una delle torri del castello era stato collocato un orologio, ben visibile dal borgo sottostante: non conosciamo la data di realizzazione, tuttavia un documento conservato a Padova testimonia la sua presenza durante l’età di Caterina Cornaro.
Si tratta di una fonte molto interessante per due fattori: è la prima attestazione dell’orologio asolano e ci permette di conoscere quanto fosse importante e impegnativo il ruolo di regolatore degli orologi, in quanto il corretto funzionamento di un orologio era una questione di prestigio cittadino.
In questo atto del 1494, Bartolomeo da Asolo, magister orilogiorum si impegnava a tornare ad Asolo a insegnare il mestiere di regolatore al suo concittadino e successore Cristoforo, cacciato dalla stessa Caterina Cornano in quanto non in grado di assolvere al suo incarico.
Nel 1695 vi fu il rovinoso terremoto di Santa Costanza, il più forte mai attestato in provincia di Treviso, il quale danneggiò seriamente tra gli altri il castello di Asolo. La comunità asolana si appellò dunque a Venezia affinché fossero presi provvedimenti anche per salvaguardare l’orologio.
Attualmente la torre ospita il meccanismo realizzato dal già citato Bartolomeo Ferracina, che fu incaricato della costruzione di un nuovo orologio nel 1747, dietro il compenso di 230 ducati: la nota d’incarico sottolineava che il meccanismo doveva essere della stessa qualità di quello di Bassano.
NOALE
Prima di passare all’orologio di Castelfranco, ritengo utile citare anche quello di Noale, cittadina oggi in provincia di Venezia ma appartenente al territorio trevigiano sotto la Serenissima e che non fu visitata da Giovanni da San Foca. Anche a Noale si scelse di posizionare l’orologio sulla torre orientata verso il capoluogo Treviso: si tratta della “torre trevisana”, alta 32 metri e che costituiva l’accesso orientale della città. Nel 1489 fu installato un orologio e da allora si iniziò a riferirsi alla fortificazione come “turris ab horis”.
Il meccanismo originale dell’orologio fu modificato nel 1560 e sostituito tra la fine Settecento – inizi Ottocento con una macchina a tamburi allineati in parallelo. Nel 1962 l’antico meccanismo venne sostituito da un orologio elettromeccanico, rimpiazzato a sua volta dall’odierno dispositivo elettronico computerizzato.
CASTELFRANCO
Veniamo ora all’oggetto principale di questo intervento: l’orologio della Torre Civica di Castelfranco. Fondata dal Comune di Treviso alla fine del XII secolo a difesa dei confini occidentali, Castelfranco conserva gran parte delle sue mura originarie. La torre principale era quella della porta orientale, quindi rivolta verso il capoluogo trevigiano: oltre ad essere quella più alta (attualmente raggiunge i 43 metri di altezza), era anche quella maggiormente fortificata, qualificandosi come una “fortezza nella fortezza”. La conformazione di Castelfranco è particolare: se infatti i palazzi del potere erano situati all’interno della cerchia muraria, la vita economica si svolgeva nella grande piazza a nord, oggi conosciuta come Piazza Giorgione.
Quando fu deciso di installare un orologio anche a Castelfranco, venne scelta la torre civica, rivolgendo il quadrante ad oriente verso l’esterno, sfruttando la posizione della torre civica come crocevia tra la strada che collegava Padova ad Asolo e quella che conduceva a Treviso.
Il quadrante dell’orologio è sormontato da un leone marciano, che poggia sopra una mensola, la quale a sua volta riporta l’iscrizione PET(RO) GRADEN(ICO) PRÆT(ORE) ÆRE FRANCORUM, traducibile «Con il denaro dei castellani essendo podestà Pietro Gradenigo». Quest’ultimo ricoprì la carica nel 1499 e lo stemma del suo casato è collocato appena sotto la mensola marmorea, a fianco di quello della città.
Se l’orologio sembrerebbe dunque essere datato alla fine del XV secolo, venticinque anni dopo la Comunità di Castelfranco avverte la necessità di sostituirlo. Come emerge dagli archivi cittadini, nel 1524 la «torre davanti dove è posto lo horologio» necessitava di un restauro, in quanto ne andava del prestigio della città. Due anni dopo (nel 1526), si decise di affidare al maestro Giovanni Francesco di Padova la realizzazione di un nuovo orologio; nello stesso anno, come riportato da un altro documento, il vecchio meccanismo fu donato al monastero di Sant’Antonio presente in città, che poté porlo sul proprio campanile.
I documenti di Castelfranco non menzionano la famiglia di appartenenza del maestro orologiaio; tuttavia, confrontando i dati desumibili dall’archivio castellano con le ricerche condotte da Elda Martellozzo Forin, ritengo molto probabile che il costruttore fosse Giovanni Francesco Mazzoleni, agli inizi della sua carriera come orologiaio (quando aveva attorno ai 35 anni). Giovanni Francesco, che nel 1517 era diventato regolatore dell’orologio della torre del Capitanio a Padova, città nella quale realizzò anche l’orologio del Palazzo della Ragione, era il capostipite di una generazione di illustri orologiai: il figlio Giuseppe, ad esempio, fu per oltre vent’anni il regolatore dell’orologio di Piazza San Marco a Venezia. La città del Santo nel corso del XVI secolo si qualificava come uno dei centri di produzione orologiaia più importanti in Italia, con oltre undici orologiai presenti nella seconda metà del secolo, ponendosi dunque sullo stesso piano della vicina Venezia.
La cifra pagata dalla Comunità di Castelfranco per l’orologio di Giovanni Francesco fu di 200 lire, Oltre al compenso dell’orologiaio di Padova, il libro dei consigli riporta accuratamente tutte le spese sostenute dalla città per il nuovo orologio, contemplando ad esempio le spese di trasporto, di sistemazione della torre, etc.
Il quadrante di questo orologio possedeva un’unica lancetta, dorata e a forma di raggio solare, come si deduce da un documento del 1555, in cui sono riportate le indicazioni dello stesso Giovanni Francesco. Fu proprio questo orologio ad esser visto da Giovanni da San Foca, che nella sua opera lo descrive «bello et polito».
Tuttavia, il meccanismo dell’orologio fu sempre esposto ai danni e ai pericoli che riguardavano la torre. Periodicamente dalle carte emerge il grado di rovina dell’edificio e la richiesta di interventi di restauro. Uno dei danni più gravi avvenne nel gennaio del 1637, con il crollo della parte sommitale della torre, che lasciò scoperti i vani inferiori, tra cui quello che ospitava l’orologio. Successivamente Castelfranco affrontò importanti spese per il restauro e il rafforzamento della torre, lavori che tuttavia vennero vanificati dal già ricordato terremoto di Santa Costanza del 1695, che recò gravi danni alla torre. Il sisma danneggiò seriamente anche l’orologio, tanto che otto anni dopo fu incaricato del suo restauro Giovanni Battista Gasparotto da Fara Vicentino.
A metà del Settecento, si decise di realizzare un nuovo orologio. Come a Bassano e ad Asolo, anche qui compare la mano di Ferracina, tuttavia in maniera indiretta. L’incarico fu infatti affidato a Giacomo Pedrelli, genero e allievo del famoso meccanico di Solagna, al quale venne chiesto nel 1751 di realizzare un orologio «con tre registri a repetizione, colle ruote di ferro e con rodelle di fino acciaio». Inoltre, furono richiesti l’inserimento di un lunario e che l’intera macchina non avrebbe dovuto pesare più di 850 libbre.
Attorno al 1785 è collocabile un ulteriore elemento di novità dell’orologio di Castelfranco: la presenza di un piccolo quadrante inferiore per indicare le date del mese. Il Consiglio delibera infatti di aumentare il compenso dell’orologista, in quanto doveva provvedere al corretto funzionamento di orologio e datario. È possibile avere idea di questa nuova aggiunta da un quadro della Civica Collezione museale di Castelfranco, databile alla fine Settecento e raffigurante la parte orientale delle mura.
L’orologio di Pedrelli segnò il tempo per oltre un secolo, fino al 1874 quando la ditta dei fratelli Solari di Pesariis realizzarono un nuovo orologio, in seguito all’accordo stipulato con il comune di Castelfranco nel luglio dello stesso anno. Rispetto al contratto, tuttavia, vi fu una richiesta aggiuntiva: il Comune voleva che fosse installata anche la lancetta dei minuti, modifica che due anni dopo (1876) doveva ancora essere pagata alla ditta costruttrice. Questo meccanismo giace attualmente in un edificio contiguo alla torre civica, la cosiddetta Casa del Trombetta, l’abitazione dell’araldo civico che richiamava le sedute del Consiglio e leggeva pubblicamente i proclami cittadini. Il telaio del meccanismo è in ghisa a sei montanti, a cui se ne aggiungono altri quattro fissati con viti. Gli ingranaggi sono invece in ottone, mentre lo scappamento è ad ancora. Presenta tre tamburi paralleli in legno, che venivano azionati da pesi in pietra, oggi staccati. Manca il pendolo, ammassato assieme ad altri elementi e ingranaggi in un lato della stanza dove si trova la macchina. Nella parte posteriore è incisa la scritta che identica l’orologio come prodotto dai fratelli Giovanni Battista e Leonardo Solari, mentre alla ruota di scappamento mancano cinque denti.
In conclusione, possiamo dunque trarre le seguenti riflessioni. Nel corso del XV secolo, la Repubblica di Venezia aveva favorito la realizzazione di orologi pubblici da collocare nei centri minori della Terraferma. La dislocazione di questi orologi tuttavia variava da città a città, come emerge nei casi qui sommariamente affrontati: a Treviso, Bassano, Cittadella e Asolo si è optato per collocare gli orologi nei palazzi simbolo del potere, quindi all’interno delle mura e visibili soprattutto alla cittadinanza. Nel caso invece di Camposampiero, Noale e Castelfranco sono stati posti sulle torri delle porte di accesso alla città per coloro che entravano provenendo dalla città capoluogo (come Padova e Treviso). Riguardo l’orologio di Castelfranco, si segnala come esso si distingua dagli altri per grandezza e complessità, essendo l’unico dei sei centri minori qui analizzati a possedere sia il lunario, sia il datario. La città del Giorgione dunque si è posta nei secoli l’obiettivo di distinguersi dalle città circostanti anche per la ricchezza del suo orologio, vero simbolo di orgoglio cittadino, ancora oggi molto sentito dalla popolazione castellana.
(*) Nella mappa sono indicate, distinte per colore, le città nelle quali era stato collocato un orologio pubblico tra XV e XVI secolo:
-
Verde: orologio citato da Marin Sanudo il Giovane nell’Itinerario per la Terraferma veneziana (1483);
-
Rosa: orologi citati da Giovanni da San Foca nell’Itinerario del 1536 per la Terraferma veneta;
-
Linea rosa: itinerario percorso da Giovanni da San Foca nel 1536;
-
Blu: orologi non citati né da Sanudo, né da San Foca ma esistenti nel XV-XVI secolo.