Marino Baldini
È doveroso ricordare, specialmente per l’arte veneta in Istria, gli inizi, ben documentati dalla fine del Duecento.(1) Anche se il passaggio definitivo delle prime città istriane alla Repubblica di Venezia viene documentato nella fine degli anni Sessanta (del 13 secolo), i rapporti e i contratti tra le città della costa occidentale peninsulare e la città lagunare erano iniziati alcuni secoli prima.(2)
Tra i monumenti sacri che chiaramente esprimono l’arte veneziana ci sta sicuramente il ciborio della Cattedrale Eufrasiana di Parenzo.(3) Eretto da maestranze che hanno lavorato sul portale di San Marco a Venezia,(4) il ciborio sopra l’altare maggiore della Basilica Eufrasiana di Parenzo è un gioiello d’arte sacra eretto da Ottone,(5) vescovo di Parenzo un decennio dopo la dedica della città a Venezia.(6) Il crocifisso di Montona porta la corona molto simile a quella degli imperatori bizantini dell’epoca paleologa.(7) Seguirono numerose composizioni, per esempio nell’interno dell’Istria, i magnifici affreschi sulla vita di San Nicolò nella chiesa di Raccotole nel territorio di Montona. La loro datazione d’ inizio del Trecento è verosimile vedendo dei paralleli nelle pitture murali veneziane, come ad esempio quelle della chiesa di San Zuane Decola a Venezia.(8)
Le scene degli affreschi di San Nicolò sono inserite nell’architettura interna e sacra, ma ricordano anche i volti nei mosaici del ciborio della Basilica Eufrasiana di Parenzo.(9) Naturalmente si tratta di uno stile complesso, figure, colori, impostazioni che fanno parte di una delle scuole pittoriche più sensibili ai colori, alla struttura e ai materiali nella storia dell’arte e della pittura. Seguirono moltissimi esempi di pittura, architettura e scultura che in primis divennero espressione artistica prevalente, e prima del Quattrocento arte esclusiva delle città e dei comuni veneti, o meglio dire veneziani in Istria.
Anche se esiste un profondo collegamento tra l’Istria ed il Veneto che risale all’epoca della X regio Histria et Venetia, a differenza delle altre regioni l’Istria non è mai stata considerata dai veneziani (dalla Serenissima Repubblica) provincia di mare, ma di terra, come l’entroterra Veneto. Naturalmente, già gli Istri erano ben connessi con i Veneti preromani. Lo documentano i numerosi oggetti, specialmente ceramici, ma anche metallici indicanti il collegamento dell’Istria e degli Histri con il popolo dei Veneti e con città come Spina e Adria che erano venezie preromane su remote foci del Po in epoca protostorica. La Venezia dell’epoca romana era Aquileia quando pure i rapporti per secoli hanno creato le basi sulle quali l’Istria anche artisticamente si avvicina più di qualunque altra provincia all’arte veneta e veneziana.(10)
Il nostro tema è medioevale, e in quanto all’architettura pubblica, soprattutto nelle città costiere istriane chiaramente segue l’esempio di Venezia. Dai palazzi pubblici, alle abitazioni, alle mura, torri, piazze e all’architettura sacra. I centri storici delle città costiere istriane ancor oggi portano questi complessi elementi di architettura, urbanesimo ed arte veneta quasi prevalenti negli ambienti urbani dell’Istria veneta tardomediovele fino all’inizio dell’Ottocento, ma pure nell’entroterra, anche al di là dei confini dell’Istria Veneta.(11)
L’esempio lo vediamo anche a Umago. Anche se la cittadina ha avuto consistenti interventi nella principale piazza del centro storico, con la sua Chiesa parrocchiale, la cisterna, il fontico, il vecchio palazzo comunale e il campanile affiancati da altra architettura veneta raccontano la storia specifica dell’Umago veneta, uno dei gioielli istriani nell’ambito del patrimonio architettonico ed urbano.(12)
Prima di dedicarmi esclusivamente all’architettura veneta ed all’urbanesimo delle piazze centrali, e dunque dei palazzi principali mi permetto soltanto qualche parola sulla scultura che sopra il portale del battistero giustinopolitano riporta uno dei primi leoni di San Marco in assoluto, seguito dai rilievi del leone sulla cisterna di San Lorenzo del Pasenatico, e quello di Montona. E siamo nel 1317 a Capodistria, nel 1322 – 23 a Montona e nel 1331 a San Lorenzo del Pasenatico, con tutti i leoni in molecca o protorilievi di quelli che saranno considerati iconograficamente in tal modo.(13)
Nei palazzi delle città da Pola a Capodistria seguiamo questi esempi, in primo luogo specialmente partendo da Pirano il cui antico Palazzo del podestà tende alla copia esatta del vecchio Palazzo ducale di Venezia, inserita nel nucleo abitativo e nelle dimensioni piranesi il cui mandracchio vantava addirittura un medievale ponte levatoio.(14) Come pure, fino ai giorni nostri il più integro palazzo di Capodistria, con due torri sui lati e lo spazio centrale con la Sala del Consiglio.(15) Anche le altre città costiere istriane tendevano a restaurare i propri palazzi pubblici in questa direzione, seguendo lo stile e le forme ma anche usando antichi monumenti o mura romane, bizantine e pre-veneziane. Dove era possibile, come ad esempio a Parenzo, nell’interno delle due torri e nello spazio centrale si formava il cortile interno. Tra i palazzi dell’antichità romana, quello che crediamo il più remoto resto che ancora mantiene un portale di palazzi amministrativi è il Comitium di Parentium, Comitium colonie Iuliae Parentium (Parenzo). Si trovava sul decumano massimo nel lato sud e dunque era soleggiato sulla facciata, il che permetteva l’uso della luce del sole anche per l’orologio pubblico.
Per quel che sappiamo seguendo le fonti, erano i romani, e precisamente Manio Valerio Massimo Messalla, ad aver inserito un quadrante solare sul comitium a Roma. Siamo nell’anno 263 avanti Cristo, all’inizio della Prima guerra punica. I dati sul collocamento ce li riporta Plinio il Vecchio. Naturalmente, i più antichi palazzi delle città istriane non erano volti con la facciata verso il sole, oppure come i palazzi di epoche successive al Tardo Medio evo, con le loro torri o una torre unica, erano muniti di orologi meccanici.(16) Tre tipiche architetture di questo genere sono la torre di Cherso, quella del Palazzo municipale di Cittanova e soprattutto la torre dell’ orologio neorinascimentale veneto di Rovigno. L’orologio di Rovigno è l’unica architettura che, citando l’Orologio dei mori di Piazza San Marco, funzionalmente rappresenta in Istria una struttura edificata per misurare il tempo.(17) Cherso invece mantiene la torre d’orologio originale dell’epoca veneta, simile a Zara.
Naturalmente, le piazze dei signori erano ricche di palazzi, seppur i resti di orologi, come abbiamo visto anche per antichissime tradizioni vengono collocate sopra il Palazzo del consiglio oppure del sindaco, dunque sugli edifici pubblici di massima autorità. Lo troviamo sul palazzo comunale a Grisignana,(18) ma anche sul Palazzo Bembo a Valle, che riadattando le torri medievali sui lati rappresenta la tipica costruzione pubblica di origine veneziana, come quelle di Capodistria, oppure l’antico Palazzo di Pirano abbattuto nell’Ottocento a favore dell’odierna costruzione in piazza Tartini.(19)
Il castello dei vescovi di Parenzo, signori di Orsera ha pure l’orologio sulla torre meridionale che originariamente doveva essere solare, più tardi invece meccanico.(20)
Numerosi orologi venivano inseriti sulle stanzie, ma specialmente nei monasteri. Il più antico di questi orologi lo troviamo sulla chiesa di San Francesco a Pola e risale all’inizio del Trecento.(21) Quello invece del monastero di San Michele di Leme è più recente, forse in tradizione dell’orologio medievale del remoto monastero di San Romualdo.
Questa è anche l’epoca delle più antiche costruzioni di torri campanarie che, a differenza delle chiese e delle cattedrali, venivano erette dalle città e dunque erano costruzioni pubbliche con l’orologio. Lo sono la torre campanaria di Parenzo – con successivamente collocato orologio Solari. La costruzione iniziò nel 1300, come pure lo scomparso campanile trecentesco di Orsera, e successivamente tutti gli altri campanili, il maggiore e più recente a Dignano, quelli di Rovigno, Pirano, Umago e molti altri nell’interno della penisola. Il campanile della chiesa di Santa Eufemia a Rovigno è del Settecento, ma grazie al modello che sorregge la Santa, tra l’altro recentemente attribuito ad Andrea Mantegna, sappiamo com’era il campanile trecentesco, come pure la parrocchiale di epoca degli imperatori ottoniani.(22)
Non rientra in questo studio elencarli tutti, ma citeremo solo quelli di massima importanza sulle piazze principali. Di età tardomedievale sono le torri campanarie di Capodistria e Valle, quella di Montona e di San Lorenzo; rinascimentali a Sanvincenti, Buie e Visinada; successivi ad esempio a Portole, Piemonte, Grisignana, Visignano, Pinguente, Castagna, Gallignana, Albona, Pinguente e in molte altre località istriane con orologi meccanici, come pure il campanile di Montona. Quest’ultimo, oltre all’ orologio meccanico, ha mantenuto anche quello solare sopra il muro parietale della chiesa collegiale di San Stefano.
Tra i più imponenti esempi di orologio sui castelli è doveroso elencare quello della torre rinascimentale sopra l’angolo del castello Morosini – Grimani a Sanvincenti, ma anche una serie di località della Contea di Pisino, da Antignana, Gimino e altre che, malgrado di epoche più tarde come Pisino, ricordano modelli e usanze venete di posizionamento degli orologi su torri campanarie e palazzi pubblici.
1 Molto importanti per questo tema e in generale nell’ambito della storia dell’arte in Istria sono i due volumi di Giuseppe Caprin, Istria nobilissima, Trieste 1905. La quarte edizione fotomeccanica fu eseguita dalle Grafiche Erredici di Padova nel mese di dicembre 1992, per le Edizioni Italo Svevo di Trieste.
2 Pietro Kandler, CDI. In particolar modo negli anni altomedioevali, ma anche dopo il mille, nell’ XI e XII secolo.
3 Di recente ho fatto notare l’importanza di questo monumento celebrativo e gioiello dell’arte medievale in occasione dell’importante 1600° anniversario della fondazione di Venezia, in „La voce del popolo“, Marino Baldini, Tanti auguri Venezia, 21 marzo 2021, foto di Damir Matošević e Ivo Puniš.
4 Un po’ a sorpresa nell’ articolo della nota 3, furono aggiunte alle maestranze del mosaico e scultura marmorea dell Ciborio le somiglianze stilistiche dell’Agnello di Dio (marmo, doratura tempera) nella sommità della chiave a croce del baldacchino e sul rilievo dell’Agnello di Dio, oggi nell’Atrio della Basilica Eufrasiana. Originariamente questo Agnello pure marmoreo era stato dipinto ma anche ornato da niello, come ad esempio le lettere delle ricche epigrafi del Ciborio. Sembra che si tratti della stessa maestranza vicina anche ai tre Crocefissi lignei duecenteschi del Museo Diocesano di Parenzo che vengono dall’Eufrasiana, Montona e Galignana. Gli ultimi due addirittura mostrano la stessa mano artistica e si potrebbe parlare del Maestro dei crocifissi di Gallignana e Montona. Si tratta probabilmente, come nel caso dell’Agnello nell’Atrio, di scultori collegati al Ciborio e le maestranze di San Marco a Venezia. Secondo gli elementi dello stile e l’iconografia, sembra ovvia l’origine greca degli scultori, che erano forse di Salonicco o di Costantinopoli o di qualche altro centro bizantino dell’Età dei Paleologi. In tal modo si presenta interessante la comune maestranza delle forme con botteghe veneziane, bizantine, realtà dell’arte dalmata, oppure serba d’epoca.
5 Ottone era stato innanzitutto vescovo a Pedena, poi era passato alla cattedra di San Mauro. La sede dei vescovi Petinensi era a Gallignana, che non fu veneta, a differenza di Parenzo e Montona. Si lega dunque la commissione del Crocifisso gallignanese con il vescovo Ottone.
6 Le maestranze greche che giravano il mediterraneo erano presenti in differenti realtà anche dopo la perdita di Costantinopoli dell’Impero latino nel 1261 riconquistato da Michele VIII Paleologo. Durante la presa fu incendiata la parte veneta della città di Costantinopoli.
7 Montona dopo diversi tentativi e smentite si dedicò a Venezia definitivamente nel 1278, 11 anni dopo Parenzo.
8 Anche in questo caso quasi di sicuro si tratta di maestranze greche nel caso di san Nicolò a Racotolle come pure San Giovanni Battista a Venezia. Dire veneziane non è sbagliato, ma le origini sono quasi di sicuro, come già affermato nel caso del Ciborio, greche.
9 Tra diversi altri affreschi di ispirazione veneta vorrei citare quelli della Passio Sancti Pelagi, oggi staccati ed esposti nella Casa parrocchiale a Buie. Sono però più tardi di quelli dell’altra parte della Valle del Quieto a Raccotolle e collegabili ai Veneziano (Paolo e Lorenzo).
10 Nella tarda antichità durante il regno di Teodorico i mercanti veneti furono incaricati per trasportare i viveri dall’Istria verso la capitale e l’erario di Ravenna.
11 È doveroso ribadire ancora una volta l’importanza del citato studio di Caprin: v. nota 1. Giuseppe Caprin, triestino e garibaldino (16. maggio 1843 – 15 ottobre 1904); ha contribuito con diversi scritti alla formazione della storia dell’arte istriana, come „Le marine istriane“ (1899), ma anche il „Trecento a Trieste“ (1897). Aggiungendo moltissimi articoli di giornali e riviste „L’Istria nobilissima“ rimane il capolavoro del Caprin, ancor oggi molto attuale e citato.
12 Recenti scavi hanno contribuito alla scoperta della chiesa altomedioevale sotto la collegiale di san Pellegrino orientata però lungo la piazza e verso la via (parte absidale) e il ponte che collegava Umago alla terraferma. Il leone invece mostra interessanti parallelismi con la scultura leonina istriana, e fu trasferito dal Palazzo pretorio sul campanile dopo il rogo del 1923. Molti leoni creano gruppi scultorei e provengono da campanili, fontici o palazzi pubblici. Ad esempio quelli di Montona, Capodistria e Visinada, collegabili a più maestranze, tra cui quella dei Bon e quasi certamente al maestro Giorgio di Matteo.
13 Caprin, ibidem, Parte I, pp.176, 177.
14 Ibidem, 132. Prima dell’orologio sul campanile di San Giorgio, c’era uno sopra il campanile del mandracchio visibile nel quadro del Carpaccio. Il Palazzo pretorio fu costruito nel 1291, prima i piranesi si radunavano all’aperto o nelle chiese, non esisteva dunque nella cittadina fino ad allora un palazzo pubblico. È molto importante come il podestà nobiluomo Manolesso abbia commissionato la lapide allo scultore Paulus, come in precedenza a Parenzo (da Walterius) e a Pola con la bottega del maestro Jacobus de Pola. È collegabile a questo gruppo la fase del Wernerio, già sindaco a Capodistria, Pirano, Parenzo e Montona. Il Palazzo pretorio di Pirano demolito nel 1877 oramai presentava poche tracce medioevali, ma come pure le bifore occidentali di quelli di Capodistria e di Parenzo, la Canonica di quest’ultima cittadina, ma anche la canonica di Parenzo e il Palazzo pretorio di Montona formano un gruppo interessante di architettura e scultura dell’epoca dei liberi comuni istriani su cui vale la pena approfondire gli importanti collegamenti stilistici, artistici, di botteghe, scultori e committenti.
15 Le tendenze del Palazzo pretorio di Pola nell’intervento durante il podestà Bartolomeo dei Vitrei sono le stesse, come ad esempio a Parenzo, e in dimensioni ridotte a Rovigno.
16 Pirano e Capodistria erano inombrati dal sole, a differenza di Parenzo e Pola. I primi orologi di Cittanova sono meccanici, quelli polesi addirittura hano tre fasi di orologi meccanici, una precedente con orologio solare e infine l’ultimo secolo senza orologio.
17 Si tratta di architettura ecclettica di fine ottocento.
18 Anche sul campanile.
19 Caprin, ibidem 1877, 203.
20 Secondo un’iscrizione ottoniana che si trova sulla stanzia Vergottini e proviene dal palazzo dei vescovi a Orsera, la costruzione del più imponente palazzo urbano medioevale in Istria va datata con il vescovo Otto di Parenzo la cui epigrafe si lega anche al campanile di San Lorenzo del Paesenatico, ma anche tutta una serie di oggetti d’arte e capolavori di maestranze medievali come già indicato. Il castello di Orsera cinto di mura e con quattro torri agli angoli aveva il palazzo con cortile esterno e interno e vera da pozzo centrale sopra la cisterna. Anche se le piante dell’Archivio di stato a Venezia sono del tardo Settecento, è chiara la matrice tardomedievale. Nei monasteri fracescani troviamo trace o resti degli orologi solari più antichi in Istria. Quello del campanile di San Francesco e il più recente ma forse il meno conosciuto.
21 Costruito dalla bottega del Maestro Jacobus da Pola che ha lavorato anche sulla chiesa del santo a Padova da dove venne Bartolomeo dei Vitrei sindaco di Pola che commissionò il Palazzo pretorio. Più tardi fu sindaco a Vicenza, dove fece costruire le porte cittadine (Bartholomeus de Verariis qui fecit fieri portam Campomartii). Ibidem 214.
22 Inizialmente l’orologio era posizionato sul Palazzo pretorio di Rovigno come dimostrano varie grafiche tra le quali il primo lavoro conosciuto del celebre architetto e urbanista rovignese Simeone Battistella. M. Budicin „Aspetti storico urbani nell’Istria veneta, dai disegni dell’Archivio di stato di Venezia“, 16, 1998, Trieste – Rovigno, p. 84, 85.